Coronavirus:  sperimentare la mancanza

03.05.2020
In psicoanalisi la mancanza è un vuoto che si viene a creare tra la persona e l'oggetto. La mentalità comune dà a questo termine un'accezione negativa. In realtà la mancanza promuove processi di pensiero e rappresentazione, in grado di generare consapevolezza e creatività. 

Uno degli aspetti con cui abbiamo dovuto confrontarci nel corso di questa quarantena è stata la mancanza.

Mancanza e astinenza, oltre che dal lavoro, per chi ha dovuto sospenderlo, anche dagli aspetti piacevoli della propria vita: le passeggiate all'aperto, le gite in montagna, lo sport, le relazioni amicali e parentali.

Ma quali sono stati gli effetti di questa mancanza?

Per le persone che vivono da sole, per gli anziani rimasti isolati per aver perso i loro coniugi e per molti altri questa esperienza è stata e rimane molto dura: è umanamente insostenibile convivere con la solitudine ed il vuoto delle lunghe giornate trascorse a casa.... Siamo esseri sociali ed il sostegno dei nostri cari è centrale per la salute psicologica, come lo è anche per le persone sole poter fare una passeggiata e scambiare due parole con il vicino.

Tuttavia era da molto tempo - e forse per i giovani non è mai accaduto - che non ci confrontavamo con la mancanza, con l'attesa.

Prima del lockdown ogni cosa era acquistabile e recapitabile a casa con un click; eravamo bombardati da miriadi di offerte di opportunità ed esperienze: vacanze, viaggi studio, attività sportive organizzante, party, feste, hobby. Insomma un'enorme quantità di bisogni indotti dall'esterno.

Ma siamo certi che questo "tutto" fosse veramente ciò di cui avevamo bisogno?

In psicoanalisi la mancanza è quel vuoto che si viene a creare tra noi e l'oggetto. Questa distanza non è solo fisica; è soprattutto una distanza psicologica: improvvisamente abbiamo acquisito uno spazio libero, non più ingombro "dall'oggetto"; un vuoto che sicuramente in prima battuta ci ha colti impreparati ed impauriti.

Che fare di questo vuoto?

La prima reazione sembra esser stata la necessità di ricolmarlo: da un lato il ricorso alla distrazione e al diversivo: visioni di musei e opere d'arte on line, eventi, accesso ai film e alle biblioteche mediali, libri, social....; dall'altro il ricorso a riempire le nostre giornate con "il fare": il riordino, le grandi pulizie, la cucina...

Questo vuoto era veramente insopportabile...

Col tempo tuttavia si è fatta strada una nuova consapevolezza: forse questo spazio poteva essere anche qualcosa di buono...... uno spazio di pensiero, di contatto con noi stessi, di ascolto personale.

Lentamente gli oggetti che riempivano il periodo pre-lockdown hanno perso valore: forse in parte abbiamo scoperto che il vero piacere è anche quello di ascoltarsi, capire cosa ci piace e cosa no, cosa desideriamo e cosa invece è superfluo.

La mancanza ci ha consentito un maggiore contatto con i desideri più veri e profondi, con gli affetti e le amicizie importanti.... con l'essenziale, ed è così che le pulizie si sono spostate da fuori a dentro noi stessi.

Paradossalmente questa mancanza ci ha consentito di aumentare il nostro grado di libertà: il rapporto si è invertito: non siamo più noi che dipendiamo dagli oggetti ma ci siamo impadroniti della nostra di libertà di decidere di scegliere e di desiderare quali oggetti e perché.

L'intero percorso non è stato facile, è stato doloroso, spiazzante e pauroso ma ci ha consentito di accedere finalmente ad un pensiero autentico, creativo, che includesse la capacità di fantasticare, di progettare, di provare ad immaginare qualcosa di nuovo, che rispondesse veramente alle esigenze più profonde di noi stessi: la stessa gioia che prova il bambino quando, anziché giocare con un gioco preconfezionato, improvvisamente si trova a costruire egli stesso il gioco partendo dal cartone, dalle forbici e dalla colla: la costruzione è il gioco stesso!

Ed ora eccoci qua, alle porte della  "ripresa consapevole".

L'auspicio è di fare tesoro di questa consapevolezza: forse dovremo ancora convivere a lungo con la mancanza ma è proprio da lì che nasce il pensiero e che è possibile ripartire


Dr.ssa Silvia Fenocchio